giovedì 28 febbraio 2013

La raccolta dei dati per la perizia

Per avere un quadro completo e incontrovertibile della situazione, vanno ascoltati entrambi i genitori, dando inizialmente spazio ai fatti e alla loro richiesta d’aiuto.


Di ogni bambino è necessario raccogliere la cartella anamnestica completa, secondo i canoni della neuropsichiatria infantile, dando spazio a ogni piccolo evento fisiologico, neurologico e psicologico. Infatti, ogni tappa fisiologica e neurologica rappresenta anche un’esperienza psicologica per il normale bambino in crescita. La raccolta dell’anamnesi fisiologica, con tutte le tappe fino ai due anni (età del NO e completo controllo sfinterico compresi), consente di raccogliere anche i vissuti dei genitori, la cura con cui hanno seguito quello specifico bambino e il modo con cui hanno risolto i problemi che si sono presentati strada facendo. Si tratta di uno dei modi più naturali di entrare in contatto con un aspetto dell’intimità familiare che altrimenti non sarebbe possibile rilevare.


Dato il prolungarsi dell’iter penale di cui si tratta, la raccolta anamnestica e le notizie sui bambini sono state continuamente aggiornate. Si trovano così sia le descrizioni riferite al periodo immediatamente dopo la scoperta dell’abuso sia le successive notizie riguardanti l’evoluzione dei piccoli.
Le tappe fisiologiche dei bambini, se non importanti per il loro rapporto con i fatti criminosi, sono omesse nella presente pubblicazione per tutelarne, appunto, non solo la privacy ma proprio tale delicatissima intimità.


Durante i colloqui con i genitori, con i quali si cercava di mettere a fuoco il comportamento dei bambini, era importante avere altri dati.
Il primo, una certificazione del pediatra curante (pediatra di base o privato che fosse) che attestasse che, nel periodo precedente l’ingresso al micronido, non fossero mai stati rilevati elementi che potessero far pensare a dei problemi relazionali tra il bambino in oggetto e i familiari.


Il secondo era un’osservazione libera del bambino. Data la piccola età dei bambini, fu necessario lasciare la mamma nella stanza, con cui mi accordavo in precedenza, in modo che fosse lei a presentarmi, ma poi consentire al bambino di agire autonomamente nello studio. A quell’epoca utilizzavo un luogo molto ampio, che aveva un divano, un bel tappeto grande di lana di pecora, tanti cuscini. Mettevo a disposizione carta, pennarelli e acquarelli per disegnare, diversi libri, giocattoli, una palla, e vi erano, in un mobile con molte vetrine, tantissimi oggetti, che servivano per la sand play therapy che lì si praticava. Si trattava di piccoli oggetti di ogni genere che vengono utilizzati per costruisce scene: esseri umani, personaggi dei cartoni, moltissimi animali, pietre, conchiglie, riproduzioni di strumenti musicali e ogni sorta di miniatura. I bambini erano quindi liberi di affacciarsi a queste vetrine e di scegliere degli oggetti con cui giocare.


L’osservazione del bambino piccolo consiste proprio nel lasciarlo interagire con l’ambiente, osservare il suo atteggiamento con la mamma (se ne valuta l’attaccamento), con la novità, con i giocattoli. Non è un’esperienza semplicemente conoscitiva; è proprio un mezzo diagnostico, che si utilizza in neuropsichiatria per i bambini durante la prima e la seconda infanzia. Nel comportamento di un bambino piccolo, i suoi vissuti salgono subito a galla: non è molto che si trova al mondo, e l’espressione delle esperienze, belle e brutte, è abbastanza facilmente individuabile.

Perché valutare un danno per le madri.

La relazione tra una mamma e il suo bambino è una relazione vitale per la sopravvivenza di quest’ultimo. Dalla nascita in poi il legame, naturalmente, si modifica, e le varie tappe biologiche servono, come abbiamo visto, anche per una maturazione psicologica. Tuttavia, finché il bambino è molto piccolo, la funzione della madre è un supporto vitale. La funzione del padre è differente, anche se indispensabile, e non la tratteremo qui.


Si parla di “prima infanzia” fino ai 3 anni, e spesso talune decisioni sulla gestione dei bambini (ad esempio in tribunale) vengono prese in base a questo criterio. Nel corso della mia esperienza personale e professionale ho potuto notare che questa nozione è errata. Il bambino è “piccolo” fino a 4 anni e mezzo. Prima di allora, infatti, non è abbastanza accorto da rendersi conto dei pericoli e da segnalare compiutamente cosa gli è accaduto. I bambini in grado di farlo prima di questa età sono delle eccezioni. La presenza e la vigilanza della madre fino ai 4 anni e mezzo, quindi, sono molto importanti, sia per la sorveglianza sia per la necessità di tradurre al bambino il senso delle cose che accadono. Quest’ultimo compito si potrebbe dire che, in realtà, non ha mai fine; tuttavia è bene sottolineare che i dati principali, le coordinate con cui si comincia a muoversi nel mondo di casa e nel mondo sociale protetto (a scuola) necessitano di tutto questo tempo per essere memorizzati e compresi.


Fino ai 4 anni e mezzo circa, quindi, il compito della mamma è quello di stare vicino ai figli in modo protettivo ed educativo contemporaneamente. Ciò comporta una particolare sintonia della mamma nei confronti del figlio piccolo. Tale necessaria sintonia - che è massima nei primi due mesi di vita e che in quel periodo viene chiamata “simbiosi”, in quanto si tratta di un prolungamento della dipendenza fisica del bambino, tale e quale il periodo della gravidanza – comporta per la madre il rischio di assorbire gli eventi che accadono al bambino con la stessa percezione di fragilità del bambino stesso.
Tutta la prima fase della maternità comporta, per la donna, la necessità di contenere in sé due capacità:
la capacità acquisita di vedere e considerare il mondo come adulta (tramite il bagaglio delle esperienze preformate);
la capacità recuperata (dai propri ricordi infantili, anche inconsci) di percepire il mondo come lo si percepisce all’età del proprio figlio. È qui che si configura il rischio di vivere l’esperienza traumatica di un figlio piccolo come se fosse propria.
Se la parte di sé adulta aiuta a prendere le distanze e a percorrere le strade adeguate a prendersi cura della situazione, è però inevitabile esperire anche la parte infantile, perché è SOLO E SOLTANTO attraverso questa visione che è possibile comprendere il livello, la gradazione di necessità del figlio.
Perciò, di fronte a un evento traumatico così importante come il maltrattamento da parte di estranei su bambini di età così piccola, la ripercussione sulla madre è notevole. Da qui la necessaria valutazione del danno – che peraltro viene assai scarsamente considerato.


© Giulia d’Ambrosio, 2012
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Qualora vi fosse la necessità di costruire una pagina simile su altri siti, sarò lietissima di mettermi a disposizione per impostazione e suggerimenti.

 G.d’A.